Quando nasci nella musica
Sono venuto al mondo nella musica, a Bologna, nel ’51 (è riportato, ormai, in tutte le mie biografie: mio padre era un violinista, mio zio suonava la chitarra, il nonno il pianoforte e il mandolino). Ma non si sottolinea abbastanza, forse, che cosa ha significato per me: la musica è stata il mio dono. E non c’è giorno in cui non pensi con infinita riconoscenza alla fortuna che ho avuto. Se parti con queste premesse, sapendo che cosa il destino vuole da te, vai dritto verso la meta.
Imparai a leggere la musica ancor prima di imparare a leggere e a scrivere. A cinque anni mio padre mi regalò la fisarmonica che tanto desideravo: me la diede a mezzogiorno e io iniziai a suonare; quando tornò a casa ancora strimpellavo. E ogni sera, quando lui rientrava dal lavoro, faceva il rappresentante d’olio, mi trovava intento a suonare.
La prima canzone che imparai, grazie allo spartito che mi comprarono i miei genitori, era di Rascel; quelli erano anni in cui gli spartiti costavano tantissimo. Studiavo fisarmonica insieme al mio caro amico d’infanzia Fio Zanotti, che oggi è un apprezzato autore, arrangiatore, produttore e direttore d’orchestra (è stato lui ad arrangiare, nel 1985, il mio primo album da solista “Più in alto che c’è!”).
Il primo amore
Dopo la fisarmonica, studiata per nove anni, tredicenne passai alla chitarra perché da un jukebox mi capitò di ascoltare, mentre camminavo per strada, una canzone meravigliosa di un gruppo chiamato Shadows, famoso per il chitarrista Hank Marvin. La canzone era Atlantis e Hank Marvin imbracciava la stessa chitarra che in genere uso anch’io nei miei concerti, la Fender Stratocaster. Il suo modo di suonare e l’approccio musicale mi hanno influenzato per molto tempo.
Cominciai a studiare chitarra classica con un maestro e dopo qualche mese, visti gli anni di fisarmonica che avevo alle spalle, insegnavo anche agli altri ragazzini miei compagni di corso. In realtà i miei veri “maestri” sono poi stati i Beatles, Jimi Hendrix, i Led Zeppelin, John McLaughlin, Al Di Meola, Paco De Lucia e, via via, molti altri. La chitarra è davvero il grande amore della mia vita: una compagna che, dal primo incontro, mi ha accompagnato fino ad ora.
La città della musica
Sono nato nella città della musica e anche questo fu una fortuna: Bologna era un vivaio di talenti…gente come Dalla, Morandi e tanti altri. Cominciai a frequentare i ritrovi musicali; a quel tempo, era tutto un fiorire di complessini e io entrai a far parte di alcuni di questi: i Nobles, i Rigidi R&B, i Judas, i Meteors… Poi, nel 1968, e ho avuto davvero un colpo di fortuna, perché uno dei componenti de i Rigidi era molto amico di Valerio Negrini (ex batterista e paroliere dei Pooh, mio fraterno amico) e Roby Facchinetti, che vennero un giorno nel locale in cui suonavo e, proprio un quell’occasione, mi chiesero se volevo entrare a far parte dei Pooh: avevo appena 17 anni. Avrei dovuto cominciare dopo l’estate, a settembre, ma mi dissero di non parlarne con nessuno, per via della stampa, neppure con i miei genitori, e questo mi costò molto. Comunque accettai la loro proposta con entusiasmo: i Pooh, già reduci dal successo di Piccola Katy, erano il complesso più famoso che ci fosse in quel periodo a Bologna. Cominciò lì la nostra avventura.
I Pooh
L’ultimo abbraccio
Cos’ha significato far parte dei Pooh? 50 anni di musica – 48, per la precisione -, 100 milioni di dischi venduti, la vittoria al festival di Sanremo, nel 1990, e canzoni indimenticabili, che hanno segnato la storia della canzone italiana lungo l’arco di mezzo secolo; poi, il 30 dicembre 2016 all’Unipol Arena di Bologna l’ultimo concerto insieme, una serata speciale che ha segnato anch’essa la storia della musica leggera in Italia.
Non è un caso che il concerto si sia svolto a Bologna, nella città che ci ha visto nascere come gruppo. Ci siamo sciolti quando eravamo ancora molto forti e propositivi: è stato il momento giusto per finire alla grande, per lasciare una bella immagine di noi ai figli, alle famiglie, agli altri artisti, a tutti, insomma. E potremo dimostrare che si può rimanere amici per sempre. Nel novembre 2018 è uscito “POOH 50 – L’Ultimo Abbraccio!”, un album con i 52 brani che abbiamo eseguito durante l’ultimo concerto.
La carriera da solista e le collaborazioni
La nostra comune storia di lavoro e di amicizia mi riempie di gioia e di gratitudine: questo legame, tuttavia, non ha impedito a nessuno di noi di mettersi alla prova, facendo le proprie esperienze “in solitaria”. Come solista ho inciso un album nell’85, “Più in alto che c’è?!”, scritto integralmente in compagnia di Valerio Negrini (con l’unica eccezione della title-track scritta con Vasco Rossi). Poi, a nome di “Adelmo e i suoi Sorapis” (un gruppo formato da me, Zucchero, Maurizio Vandelli, Umbi dei Nomadi, Fio Zanotti e Michele Torpedine) è uscito l’album “Walzer d’un blues”; nel 2003 lo strumentale “D’Assolo” e infine, nel 2015, con Tommy Emmanuel, l’altro album “Dov’è andata la musica”.
Del 2017 è il doppio live “…e la storia continua”, mentre “Dodi Day” documenta il concerto tenuto a giugno del 2018 a Bellaria per festeggiare i miei 50 anni di carriera.
Nel corso degli anni collaborato con molti artisti italiani e stranieri; tra essi Vasco Rossi (in particolare per i brani “Una canzone per te”, “Va bene va bene” e “Toffee”), Al Di Meola, Paoli, Ruggeri, Raf, Gianluca Grignani, la Martini, Giorgio Faletti, Riccardo Fogli, Gianni Fiorellino, Alice, Capsicum Tree, Chitarre d’Italia, Delia Gualtiero, Irene Fargo, Lena Biolcati, Lorella Cuccarini, Massimo Ranieri e Tommy Emmanuel.
I riconoscimenti
Nel 1981, il giornale tedesco “Die Zeitung” mi ha assegnato il premio come miglior chitarrista europeo, confermatomi, nell’86, dalla rivista “Stern”. In seguito, per due anni consecutivi, anche la critica italiana ha decretato che fossi il miglior chitarrista del nostro Paese. Nel 1986, il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga mi ha conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica italiana.
Nel 2017 ho avuto due riconoscimenti che mi hanno profondamente emozionato: sono il Diploma Accademico di secondo livello in “Chitarra elettrica jazz” e la Laurea Magistrale con lode in “Storia della Musica Pop Italiana”, conferitimi, rispettivamente, dal Conservatorio “Egidio R. Duni” di Matera e dall’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari. Mi ha fatto molto piacere la dedica di due chitarre da parte della Fender e dalla Maton, che hanno realizzato dei modelli fatti apposta per me, per venire incontro alle mie caratteristiche come chitarrista: nel 1997 è uscita la “Fender Dodicaster”, una signature model in edizione limitata; nel 2000 La Maton ha realizzato la chitarra acustica EC J85 “Dodi Battaglia”, anch’essa uscita in serie limitata.
Sempre nel 2017 ho avuto un gradito riconoscimento per un’altra delle mie passioni: “Autosprint” mi ha inserito nella rosa di quanti hanno ricevuto il prestigioso premio “Caschi d’Oro 2017”, un vero e proprio Oscar consegnato ogni anno a quanti si sono distinti nel campo dell’automobilismo sportivo. Io ho sempre gareggiato, per almeno una ventina d’anni nella categoria Turismo, da solo o in coppia con Giorgio Faletti, un grande uomo e un grande amico, con cui ho collezionato parecchie vittorie e record.