Le origini: da scout ad assicuratore
Sono cresciuto a Roma. La mia era una famiglia umile: avevo un fratello ed una sorella più piccoli di me. Mio padre e mia madre ci hanno fin da subito inculcato il valore del lavoro e del sacrificio. Da piccolo ero uno scout, un’esperienza che mi ha insegnato moltissimo: credo che una buona parte del successo raggiunto oggi derivi da quello; mi riferisco soprattutto alla capacità di organizzarsi e raggiungere gli obiettivi che ci si prefissa. Mentre studiavo all’università avevo iniziato a lavorare in una compagnia di assicurazione, ci rimasi per i successivi 36 anni. Era un lavoro che non amavo: la scrivania uccide, non solo la catena di montaggio. Intanto però andavo avanti coltivando i miei hobby e tra questi c’era anche la pittura. In quel periodo partecipavo ed organizzavo mostre e mi capitò di esporre insieme ad artisti del Calibro di Morandi, solo per citarne uno. Nonostante questo sentivo che non mi ero ancora espresso veramente.
Un incontro casuale
Il mio incontro con il vino è stato molto causale. Amavo la cucina e la amo ancora a tal punto che andavo in giro per il mondo per capire meglio come cucinassero all’estero. Un giorno la mia compagna dell’epoca mi indicò che c’era un corso per diventare sommelier e scoprì che questo corso si teneva all’Hilton Hotel, praticamente a 100 metri da casa mia.
Accettai per curiosità e perché era davvero a due passi da casa, se si fosse trovato dall’altra parte della città magari non ci sarei nemmeno andato. Arrivato lì vidi che c’erano solo 5 persone e nacque fin da subito l’idea di rendermi utile in qualche modo. Si percepiva che l’associazione era gestita dai ristoratori e, anche se interessante, mancava ancora qualcosa.
Ricordo che per farmi conoscere nell’ambiente iniziai a pensare a degli eventi. La mia compagna di banco del corso era sorella del direttore del carcere di Regina Coeli, e lì mi venne un’idea: volevo far fare un corso ai detenuti. Un’iniziativa che già all’epoca fece scalpore per la portata innovativa che aveva.
Nasce Bibenda e l’Oscar del vino
Dopo quella prima esperienza apparentemente casuale, cominciai ad interessarmi sempre di più al comparto vitivinicolo ed ai meccanismi che lo governavano. Mi accorsi che non c’era ancora una rivista specializzata che si occupasse di raccontare questo settore. Nel 1998 decisi di creare Bibenda: una rivista rivolta agli appassionati del mondo del vino e agli addetti ai lavori: dai sommelier professionisti ai ristoratori. Ma la rivista da sola non bastava, dovevamo essere presenti con un evento e con un testo annuale. Creammo una guida dove il vino veniva raccontato anche attraverso la storia e la descrizione delle aziende che lo producevano. La guida vendette 90 mila copie in edicola e librerie. Un numero molto alto perché non c’era nulla di simile in circolazione.
Questo successo ci diede la spinta per concretizzare un’altra idea, l’Oscar del vino: il più importante premio nel settore vitivinicolo italiano. L’oscar è stata un’idea fantastica, abbiamo creato una giuria popolare in modo da premiare tutte le categorie legate al vino. Il successo della manifestazione era legato al popolo del vino e non ad una giuria di predefiniti. L’unica parentesi poco piacevole fu quando si presento a casa un fattorino con un pacco di carte: era l’Accademy di Los Angeles che mi denunciava per aver usato il termine “Oscar” in modo improprio. Fortunatamente non mi sono arreso ed alla fine abbiamo vinto in cassazione e l’Oscar del vino quest’anno ha tagliato il traguardo delle 20 edizioni.
L’importanza di saper bere
60 milioni di italiani oggi bevono il vino ma non sanno cos’è. È per questo motivo che dopo un po’ di anni, nel 2013, ci siamo elevati al rango di fondazione e oggi possiamo contare 400 mila sommelier in tutta Italia compreso gli autodidatti. Diventare sommelier non ti aiuta solo ad imparare a bere ma ti cambia proprio la vita: ti arricchisce interiormente, ti fa essere più protagonista perché hai più consapevolezza grazie alla conoscenza della vera struttura di uno dei prodotti più pregiati che abbiamo.
Dobbiamo sempre tenere in considerazione che il paese più importante al mondo di vino è l’Italia, con ben 11 Miliardi di fatturato annui. La ricchezza del nostro paese è la diversità: basti pensare che la somma dei vitigni del mondo non fa minimamente la somma dei vitigni italiani. Il vino fa parte della nostra cultura, il vino è arte tanto quanto il Colosseo, della grande cultura del nostro paese. Tutto questo mi ha fatto pensare un giorno che forse il vino poteva diventare un elemento istituzionale.
Vino patrimonio italiano
Vorrei lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato e non è pensando al proprio orticello che lo si fa. Pensai un po’ di tempo fa che il vino dovesse diventare un’istituzione. Chiesi aiuto all’allora governo Monti, chiedendo come potessi fare per far comprendere alla politica che il vino è un elemento centrale della cultura del nostro paese. Non è stato facile, ma sottolineai come il vino fosse cittadino del mondo perché è arte e cultura. Così il vino divenne per la prima volta dalla sua nascita, attestata ufficialmente tra il 1958 e il ’59, grazie all’interesse del governo Renzi, regalo di Stato. Oggi il presidente del consiglio che incontra un Capo di Stato regala un buon vino italiano ed è anche merito nostro se questo accade.
Un altro successo raggiunto ma non l’ultimo, non ho intenzione di fermarmi. Occorre insistere e avere tenacia per raggiungere il successo. Ci si lamenta in continuazione della politica, ma io non sono così critico: io assolvo la politica e condanno la classe dirigenziale italiana e la burocrazia che scoraggia qualsiasi iniziativa e non agevola i giovani.
Ai giovani però dico che devono avere voglia di fare e per fare devono creare squadre valide, circondarsi di persone recettive, umili che siano recettive e che sappiano portare avanti un messaggio univoco: deontologia, professionalità e qualità. Siamo uno dei paesi più disorganizzati ma anche uno dei paese più belli del mondo.