Il Touring club italiano ha recentemente pubblicato una guida intitolata “Otto anticipazioni del vero e proprio mondo che si cela sotto la superficie del Bel Paese”. Luoghi che pochi conoscono e che andrebbero esplorati. Sotto i nostri piedi esiste un ‘altro mondo’, affascinante e un po’ nascosto: il sottosuolo italiano è ricco di bellezze e di opere di ingegno, che si sono stratificate dall’antichità fino ad oggi. Sono luoghi di estremo fascino, che raccontano una storia e una cultura non ancora ben conosciute, una dimensione tutta da esplorare per capirne le potenzialità ieri, oggi e domani.
Otto anticipazioni del vero e proprio mondo che si cela sotto la superficie del Bel Paese
Sotto terra ci si rifugiava, sotto terra si fanno stagionare formaggi e salumi, sotto terra si celebravano i culti dei primi cristiani, nelle segrete dei castelli venivano rinchiusi i prigionieri. La terra si scava per strapparle i minerali preziosi che custodisce, per realizzare metropolitane, gallerie e trafori, a volte trovando opere d’arte della natura come grotte scintillanti di stalattiti. Ecco otto luoghi che pochi conoscono e che consigliamo di esplorare.
Frasassi – Nel verde rigoglioso del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi si trova una delle attrazioni turistiche più importanti delle Marche, le grotte di Frasassi, scoperte come complesso soltanto nel 1971. La prima “grotta del fiume” fu individuata nel 1948, ma le sorprese arrivarono dopo, soprattutto quando ci si trovò davanti all’abisso che avrebbe potuto contenere il Duomo di Milano. L’insieme delle grotte si estende per ben 40 km in un intrico di cunicoli, tunnel e meraviglie create dalla natura carsica in 190 milioni di anni grazie soprattutto allo scavo attuato dal torrente Sentino. Le grotte, dove regna una temperatura costante di 14 °C, hanno nomi da fiaba, spesso suggeriti dalle incredibili conformazioni geologiche.
Santa Rosalia – Il maestoso massiccio roccioso del monte Pellegrino, che sovrasta Palermo la rinomata spiaggia di Mondello ospita lo straordinario santuario di S. Rosalia, dedicato alla patrona di Palermo e ricavato in una grotta naturale in cui furono trovate nel 1624 le reliquie della santa. Varcata la facciata barocca del santuario, risalente al XVII secolo e addossata alla roccia, si accede prima a un ambiente con cupola “a cielo aperto”. Durante il suo viaggio in Italia, nel 1787, Goethe vi fece visita e rimase affascinato dal fenomeno dell’acqua che stilla continuamente dalla roccia della grotta e dalla bellezza della statua marmorea raffigurante la santa e sistemata in un’edicola.
L’oro di Chamousira – In val d’Aosta, e precisamente a Brusson, un piccolo comune con meno di 1000 abitanti noto per aver ospitato varie tappe della Coppa del Mondo di sci di fondo, si trova un’altra miniera che ha fatto sognare (e lavorare) già in epoche remote: si tratta della miniera d’oro di Chamousira, conosciuta nel VI secolo a.C. dalla popolazione celtica dei salassi e sfruttata per i suoi giacimenti auriferi fino al 1937. Con un’estensione di circa 1600 m2, la miniera è aperta al pubblico lungo un percorso di visita che si completa nell’interessante Museo della Miniera.
I laghi ipogei del Remeron – Siamo nel Parco regionale del Campo dei Fiori in Lombardia. Qui, sotto l’occhio vigile dell’Osservatorio astronomico Schiaparelli che domina l’area dalla vetta più alta, punta Paradiso (1226 m), si sviluppa per 30 km, giù fino a 700 m di quota un sistema carsico costituito da un centinaio di cavità.. Solo due di queste sono accessibili al pubblico: la grotta Marelli e la grotta del Remeron, quest’ultima di particolare fascino. L’accesso si trova a 750 m di quota sul versante meridionale del massiccio del Campo dei Di grande interesse all’interno del complesso sistema carsico non aperto al pubblico sono i due specchi d’acqua ipogei formati dal continuo stillicidio, il lago Bertarelli e il lago Binda (quota -175 m e -210 m), oltre alla stanza delle Stalattiti e alla sala Mitzi dall’immensa volta. La grotta riveste anche un forte interesse zoologico, le sue sale rocciose costituiscono infatti un habitat ideale per i pipistrelli.
La miniera di talco in Piemonte – Siamo a Prali, in val Germanasca, 70 km a sud di Torino e a qualche tornante dagli impianti di risalita che conducono ai tredici laghi o, d’inverno, alle piste innevate. Qui sotto si trova una miniera di talco, minerale che qui vanta un eccellente livello di purezza. Oggi il moderno sito estrattivo è localizzato in un altro punto della valle, ma la galleria Paola, una di quelle sfruttate dagli anni Trenta agli anni Novanta del Novecento, è esplorabile con l’itinerario Scopriminiera, che conduce per 4 km in trenino nella storia produttiva di questo minerale morbido, untuoso e perlaceo, svelandone i molteplici usi a seconda dei livelli di purezza: per separare i grani di riso, come lubrificante per pillole, come base per rossetti, per produrre paraurti per auto, micronizzato a uso medico, come additivo per mangimi e per produrre vernici.
Venezia sotterranea – San Marco a Venezia: difficile immaginare l’esistenza di un luogo ipogeo nel tessuto urbanistico della città galleggiante, la città d’acqua per antonomasia. Eppure esiste, ed è proprio celato all’interno della basilica di S. Marco, al di sotto dei suoi precari 85 cm sul livello del mare. È la cripta di S. Marco, nucleo originario del luogo di culto e custode per secoli delle spoglie del santo, di fatto il cuore stesso del culto marciano. Risalente al XII secolo, la cripta è costituita da tre navate e coperta da volte a botte incrociate. Nella navata centrale, sotto l’altare maggiore, ospita l’antica tomba che custodiva le spoglie dell’evangelista Marco. A un livello inferiore si accede a una retrocripta che alloggia le tombe dei patriarchi di Venezia. La storia della cripta è stata segnata da alterne vicissitudini dettate dalla lotta, sempre impari, contro l’invasione delle acque.
L’altra Orvieto – Orvieto si trova sulla sommità di un pianoro tufaceo che domina un paesaggio collinare coltivato a vigneti. Sotto il magnifico tessuto urbano esistono più di 1200 cavità sotterranee artificiali, minuziosamente censite e valorizzate con cura attraverso percorsi attrezzati che conducono ai significativi reperti che in questi cunicoli sono stati conservati nel tempo, dagli etruschi al periodo riascimentale, pozzi medievali che costituiscono un archivio materiale della tradizione della ceramica locale, un antico e ampio frantoio corredato dei suoi spazi di servizio, ordinati colombari per allevare i volatili a uso gastronomico. Il percorso del pozzo della Cava, che si snoda sotto il quartiere medievale, riserva una particolare ricchezza di “archeologia del quotidiano”: oltre al pozzo stesso – il cui primo impianto risale al periodo etrusco –, vi si trovano un follone per la lavorazione della lana, alcune cantine medievali, una fornace del XIV-XV secolo per la produzione di ceramica e una fornace “a muffola”, dalla quale uscivano i “lustri”, le pregiate ceramiche iridescenti e dai mille riflessi realizzate nel Rinascimento.
L’antro del futuro – Strumenti giganteschi dalle forme strane e misteriose riempiono le lunghe caverne del centro di ricerca scientifica sotterraneo più grande del mondo, varcando le soglie del quale sembra di vivere nella fantascienza. Nascosto nelle viscere del massiccio del Gran Sasso, sotto 1400 m di roccia, il centro, dedicato alla fisica subnucleare, comprende i Laboratori nazionali del Gran Sasso (Lngs), costruiti dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn).
Sotto terra ci si rifugiava, sotto terra si fanno stagionare formaggi e salumi, sotto terra si celebravano i culti dei primi cristiani, nelle segrete dei castelli venivano rinchiusi i prigionieri. La terra si scava per strapparle i minerali preziosi che custodisce, per realizzare metropolitane, gallerie e trafori, a volte trovando opere d’arte della natura come grotte scintillanti di stalattiti. Su questo meraviglioso mondo che sta sotto i nostri piedi il Touring club italiano ha recentemente pubblicato una guida intitolata appunto “Meraviglie sotterranee”. Ecco otto luoghi che pochi conoscono e che consigliamo di esplorare.
Frasassi – Nel verde rigoglioso del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi si trova una delle attrazioni turistiche più importanti delle Marche, le grotte di Frasassi, scoperte come complesso soltanto nel 1971. La prima “grotta del fiume” fu individuata nel 1948, ma le sorprese arrivarono dopo, soprattutto quando ci si trovò davanti all’abisso che avrebbe potuto contenere il Duomo di Milano. L’insieme delle grotte si estende per ben 40 km in un intrico di cunicoli, tunnel e meraviglie create dalla natura carsica in 190 milioni di anni grazie soprattutto allo scavo attuato dal torrente Sentino. Le grotte, dove regna una temperatura costante di 14 °C, hanno nomi da fiaba, spesso suggeriti dalle incredibili conformazioni geologiche.
Santa Rosalia – Il maestoso massiccio roccioso del monte Pellegrino, che sovrasta Palermo la rinomata spiaggia di Mondello ospita lo straordinario santuario di S. Rosalia, dedicato alla patrona di Palermo e ricavato in una grotta naturale in cui furono trovate nel 1624 le reliquie della santa. Varcata la facciata barocca del santuario, risalente al XVII secolo e addossata alla roccia, si accede prima a un ambiente con cupola “a cielo aperto”. Durante il suo viaggio in Italia, nel 1787, Goethe vi fece visita e rimase affascinato dal fenomeno dell’acqua che stilla continuamente dalla roccia della grotta e dalla bellezza della statua marmorea raffigurante la santa e sistemata in un’edicola.
L’oro di Chamousira – In val d’Aosta, e precisamente a Brusson, un piccolo comune con meno di 1000 abitanti noto per aver ospitato varie tappe della Coppa del Mondo di sci di fondo, si trova un’altra miniera che ha fatto sognare (e lavorare) già in epoche remote: si tratta della miniera d’oro di Chamousira, conosciuta nel VI secolo a.C. dalla popolazione celtica dei salassi e sfruttata per i suoi giacimenti auriferi fino al 1937. Con un’estensione di circa 1600 m2, la miniera è aperta al pubblico lungo un percorso di visita che si completa nell’interessante Museo della Miniera.
I laghi ipogei del Remeron – Siamo nel Parco regionale del Campo dei Fiori in Lombardia. Qui, sotto l’occhio vigile dell’Osservatorio astronomico Schiaparelli che domina l’area dalla vetta più alta, punta Paradiso (1226 m), si sviluppa per 30 km, giù fino a 700 m di quota un sistema carsico costituito da un centinaio di cavità.. Solo due di queste sono accessibili al pubblico: la grotta Marelli e la grotta del Remeron, quest’ultima di particolare fascino. L’accesso si trova a 750 m di quota sul versante meridionale del massiccio del Campo dei Di grande interesse all’interno del complesso sistema carsico non aperto al pubblico sono i due specchi d’acqua ipogei formati dal continuo stillicidio, il lago Bertarelli e il lago Binda (quota -175 m e -210 m), oltre alla stanza delle Stalattiti e alla sala Mitzi dall’immensa volta. La grotta riveste anche un forte interesse zoologico, le sue sale rocciose costituiscono infatti un habitat ideale per i pipistrelli.
La miniera di talco in Piemonte – Siamo a Prali, in val Germanasca, 70 km a sud di Torino e a qualche tornante dagli impianti di risalita che conducono ai tredici laghi o, d’inverno, alle piste innevate. Qui sotto si trova una miniera di talco, minerale che qui vanta un eccellente livello di purezza. Oggi il moderno sito estrattivo è localizzato in un altro punto della valle, ma la galleria Paola, una di quelle sfruttate dagli anni Trenta agli anni Novanta del Novecento, è esplorabile con l’itinerario Scopriminiera, che conduce per 4 km in trenino nella storia produttiva di questo minerale morbido, untuoso e perlaceo, svelandone i molteplici usi a seconda dei livelli di purezza: per separare i grani di riso, come lubrificante per pillole, come base per rossetti, per produrre paraurti per auto, micronizzato a uso medico, come additivo per mangimi e per produrre vernici.
Venezia sotterranea – San Marco a Venezia: difficile immaginare l’esistenza di un luogo ipogeo nel tessuto urbanistico della città galleggiante, la città d’acqua per antonomasia. Eppure esiste, ed è proprio celato all’interno della basilica di S. Marco, al di sotto dei suoi precari 85 cm sul livello del mare. È la cripta di S. Marco, nucleo originario del luogo di culto e custode per secoli delle spoglie del santo, di fatto il cuore stesso del culto marciano. Risalente al XII secolo, la cripta è costituita da tre navate e coperta da volte a botte incrociate. Nella navata centrale, sotto l’altare maggiore, ospita l’antica tomba che custodiva le spoglie dell’evangelista Marco. A un livello inferiore si accede a una retrocripta che alloggia le tombe dei patriarchi di Venezia. La storia della cripta è stata segnata da alterne vicissitudini dettate dalla lotta, sempre impari, contro l’invasione delle acque.
L’altra Orvieto – Orvieto si trova sulla sommità di un pianoro tufaceo che domina un paesaggio collinare coltivato a vigneti. Sotto il magnifico tessuto urbano esistono più di 1200 cavità sotterranee artificiali, minuziosamente censite e valorizzate con cura attraverso percorsi attrezzati che conducono ai significativi reperti che in questi cunicoli sono stati conservati nel tempo, dagli etruschi al periodo riascimentale, pozzi medievali che costituiscono un archivio materiale della tradizione della ceramica locale, un antico e ampio frantoio corredato dei suoi spazi di servizio, ordinati colombari per allevare i volatili a uso gastronomico. Il percorso del pozzo della Cava, che si snoda sotto il quartiere medievale, riserva una particolare ricchezza di “archeologia del quotidiano”: oltre al pozzo stesso – il cui primo impianto risale al periodo etrusco –, vi si trovano un follone per la lavorazione della lana, alcune cantine medievali, una fornace del XIV-XV secolo per la produzione di ceramica e una fornace “a muffola”, dalla quale uscivano i “lustri”, le pregiate ceramiche iridescenti e dai mille riflessi realizzate nel Rinascimento.
L’antro del futuro – Strumenti giganteschi dalle forme strane e misteriose riempiono le lunghe caverne del centro di ricerca scientifica sotterraneo più grande del mondo, varcando le soglie del quale sembra di vivere nella fantascienza. Nascosto nelle viscere del massiccio del Gran Sasso, sotto 1400 m di roccia, il centro, dedicato alla fisica subnucleare, comprende i Laboratori nazionali del Gran Sasso (Lngs), costruiti dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn).
Fonte: Tgcom (Articolo di Elena Bauer e Giovanni Caprara)