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Amaro del Capo di Distilleria Caffo raggiunge quota del 30% sul suo segmento di mercato

I vecchi ricordano ancora quel furgoncino Fiat che batteva il Vibonese e la Piana di Gioia Tauro negli anni ’50 con la scritta “Distilleria Caffo”.

Cosi inizia l’articolo pubblicato su “La Repubblica“, raggiungibile a questo link, dedicato alla Distilleria Caffo ora che quel marchio ha acquisito etichette come Petrus, San Marzano-Borsci, Ferro-China Bisleri, Friulìa, e che l’Amaro del Capo ha in mano oltre il 30% del suo mercato.

Resta da capire come si possa passare dai 51 milioni di fatturato del 2016 agli 83 del 2019: «La politica è quella del prodotto unico, e la Calabria ne ha tanti. E poi, la voglia di difendere la nostra storia: quella di una famiglia che continua a tenere aperta una distilleria in paese, con una zona museale. Abitiamo in Enotria, la mitica terra del vino, abbiamo vitigni come il Magliocco, il Gaglioppo e il Greco. Cento anni fa, qui si produceva di più». Con poco più di 60 dipendenti, c’è anche la voglia di recuperare i sapori antichi, come appunto la Ferro-china: «Sono gli integratori di un tempo: dopo l’acquisizione, il primo ordine è arrivato dall’Australia». E resta in azienda anche quella vocazione galenica del nonno che riforniva le farmacie: dallo stabilimento Caffo è anche uscito un disinfettante per le mascherine monouso. «Cerchiamo di dare dignità al lavoro – conclude Caffo – dalla regione ultima del Sud».

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