L’infanzia a Marigliano
Il grande salto su al Nord
Per qualche mese lavorai all’Alfa di Pomigliano d’Arco, ma subito dopo partii per Milano… Decisi di seguire un corso alla Ghisolfa, l’Alfa di Viale Certosa, perché mi era chiaro che il mestiere lo impari solo se conosci veramente ciò di cui vuoi occuparti. Dopo più di due anni che ero a Milano, uno dei grandi dirigenti dell’Alfa, Paolo Napolitano, che era stato anche mio docente nel corso, mi chiamò.. Aveva lasciato l’Alfa e si era messo a lavorare con la GEPI, una società pubblica per la Gestione delle Partecipazioni Industriali: risanavano le aziende in difficoltà per voi rivenderle dopo la ristrutturazione. Mi propose di cominciare a lavorare con lui, che era diventato direttore generale di un gruppo di cui faceva parte un’azienda situata a Ceprano, in provincia di Frosinone: l’Andreotti Rotostar.
Una carriera fulminante
Era il 1967: fui assunto da Paolo Napolitano con uno stipendio di 67.000 al mese. Conservo ancora quel contratto e la prima busta paga. L’azienda aveva 350 dipendenti, ma mancava una sezione dedicata alla gestione dei tempi in relazione ai processi: così fui io il primo responsabile dell’ufficio “Organizzazione tempi e metodi”. E già dopo il primo anno lo stipendio aumentò, e non di poco. Feci un buon lavoro per l’azienda… Tirai su una bella squadra di lavoro. A 32 anni fui nominato direttore generale.Nel 1974 mi sposai con Anna Maria, la donna della mia vita: lei è una napoletana verace, del Rione Santa Lucia: eravamo stati fidanzati tre anni. E poi nacquero i miei due figli: Vincenzo e Alfredo, che oggi lavorano insieme a me.
Quando divenni direttore di stabilimento… portai al 60% la produzione di macchine per la stampa, e poi, dopo due anni ancora, al 100%. Un buon risultato in meno di sei anni. Lavoravo 15-17 ore al giorno ma non era questo a fare la differenza. Piuttosto il fatto che con la mia valigetta in mano andavo in giro per il mondo per vedere che cosa succedeva e come funzionavano le aziende che erano leader del mercato. Nel 1982 l’azienda era di nuovo sulla cresta dell’onda… Alla fine dell’ ’83 concordai la mia buonuscita e salutai tutti. Mi sarei messo in proprio.. Mi consultai con mia moglie e lei approvò la mia idea di aprire una società di ingegneria e progettazione in Venezuela.
Costruttore di aziende in Venezuela
Piacenza e Nordmeccanica
Sono arrivato a Piacenza nel settembre del ’98. Avevo comprato da Nordmeccanica molte macchine quando ero in Venezuela: loro mi conoscevano bene. Ma in quel periodo l’azienda navigava in cattive acque: avrebbero dovuto darmi dei soldi che non erano arrivati… I vecchi azionisti compresero la situazione: io ebbi il 51% e fui nominato amministratore delegato unico con tutti i poteri. Quando ho preso Nordmeccanica di contabilità c’era ben poco; l’organizzazione, l’assistenza tecnica, le esportazioni all’estero non esistevano.
L’ufficio tecnico? Quattro tavoli da disegno. Oggi abbiamo uno staff tecnico di più di 30 persone. In venti anni di attività erano state fatte 300 macchine; dal 2000 a oggi, 2700… All’inizio, appena arrivato a Piacenza, c’erano dei pregiudizi nei miei confronti. Quando ho letto sulla stampa locale che parlavamo di me qualificandomi come “un napoletano che arriva dal Venezuela” ci sono rimasto male… mi davano per perdente, poi mi hanno accettato perché hanno visto che Nordmeccanica decollava.
I traguardi di Nordmeccanica: leader nel mondo
Da 7 anni a questa parte siamo i primi, non in Italia, ma nel mondo… Siamo in assoluto i leader mondiali nella produzione di spalmatrici, laminatrici e metalizzatori: primi al mondo per tecnologia e numero di macchine vendute. Grazie ai miei figli e a tutti quelli che lavorano con me siamo riusciti a costruire una realtà di eccellenza mondiale “Made in Piacenza”…C’è un solo di modo per restare primi: essere all’avanguardia. La nostra tecnologia, sviluppata tutta in Italia, è avanti di 5-7 anni rispetto a quella dei competitor.
Abbiamo partnership con le più importanti multinazionali del nostro settore… Nordmeccanica ha 3 stabilimenti in Italia, uno a New York e uno a Shanghai, in Cina, inaugurato nel 2010. Abbiamo due sedi dirette, a Mumbai, in India, e a Buenos Aires, in Argentina, e poi una rete di 87 filiali in tutti i continenti, più di cento centri vendita con assistenza tecnica, e supporto tecnico diretto in Sud America, India ed in tutto il Sud Est Asiatico. Diamo lavoro a 280 persone.
La pallavolo
Investire anche nello sport era uno sogno rimasto nel cassetto. Poi alcuni amici mi hanno parlato della pallavolo. E così siamo entrati come sponsor in una società di pallavolo maschile: abbiamo vinto lo scudetto e, subito dopo, abbiamo lasciato.
Qui a Piacenza c’era in A2 una squadra di pallavolo femminile, di proprietà dei Rebecchi, che all’inizio abbiamo affiancato. Nel 2014 l’abbiamo acquistata. Dopo appena un anno dal nostro arrivo, abbiamo vinto due scudetti, due coppe e due supercoppe.
Mi piace seguire lo sport, ma avere una squadra costa parecchio: certo vieni ripagato con un ritorno di immagine molto buono; la pallavolo è uno sport per famiglie, così puoi interagire col territorio. Ti conoscono tutti e il tuo marchio si fa avanti. E poi gestire una squadra dà molto prestigio anche nei mercati internazionali.
Anche nello sport, come in tutte le altre cose della vita, bisogna essere seri…
Le cose che contano
La mia fortuna, ma più che fortuna si è trattato di una scelta, è stata quella di non aver mai cambiato settore industriale: tu non puoi fare tutto nella vita. Devi avere una nicchia di mercato e investire tutto su quella. L’esperienza che ti fai in un solo ambito… solo questa fa la differenza.
Conosco molto bene anche il settore alimentare, farmaceutico e fotovoltaico: i clienti dell’imballaggio flessibile. E sono io a dire loro dove va il mercato. Ma per fare questo devi capire come la pensa l’altra parte del mondo…Ho sacrificato moltissimo della mia vita familiare, trascorrendo più ore in aereo che coi miei figli. Il lavoro è il mio divertimento: io sono un appassionato. E mi diverto quando c’è qualcosa di nuovo…
Non devo niente a nessuno. Ma c’è qualcuno che devo ringraziare: io ho potuto realizzare tutto quello che ho realizzato grazie a mia moglie. È proprio vero che dietro il successo di un uomo c’è sempre una donna eccezionale. Dei figli si è sempre occupata lei, che non si è mai mossa da Napoli fino al 2002. Non mi sono goduto i miei figli quand’ero giovane, perché il mio obiettivo era crescere e crescere per avere delle soddisfazioni. Ma la famiglia è tutto, una cosa basilare, soprattutto per un uomo che lavora tanto.
Adesso i miei figli lavorano con me, ai miei ritmi, la domenica stiamo insieme, gioco coi nipotini, a volte andiamo al mare. E io sono l’uomo più felice del mondo.